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IL GIORNO – Quotidiano Nazionale
5 agosto 2013 – Lombardia
L’INTERVISTA – IL PERITO d’ARTE LUCA SFORZINI PARLA DELLA TENTATA TRUFFA AVVENUTA A PAVIART
“Il certificato, unica garanzia per chi compra un quadro”
PAVIA – “E’ una situazione “da manuale”: cosa si rischia acquistando un’opera d’arte”. Luca Sforzini, perito d’arte, risponde così alla richiesta di un commento sulla vicenda che ha portato i carabinieri a denunciare, per truffa e tentata estorsione, il 70enne S.B. (residente a Milano ma conosciuto anche sul mercato pavese). I militari della Compagnia di Pavia sono intervenuti a seguito della denuncia di un collezionista pavese, che acquistando un dipinto attribuito all’autore francese Yves Klein, dando in permuta 6 dipinti di diversi autori (per un valore stimato di 120 mila euro), s’è trovato in possesso di un quadro definito falso da una perizia successiva allo scambio.
Cosa succede ora al quadro sequestrato? “La questione potrebbe diventare di competenza del Nucleo tutela patrimonio artistico dell’Arma di Monza. Bisognerà verificare l’autenticità del quadro: se dovesse risultare falso, le ipotesi sarebbero di falso e ricettazione”.
Acquistando un’opera d’arte, come ci si può tutelare? “Il venditore professionale è tenuto a rilasciare certificazione d’autenticità dell’opera contestualmente alla vendita”.
L’episiodo è avvenuto durante PaviArt: non si è più tutelati in simili sedi? “Era una manifestazione alla sua prima edizione, sono certo che in seguito verrà istituito un comitato tecnico-scientifico che possa vigilare”.
S.Z.
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“L’arte in scuole e castelli” – Luca Sforzini lancia l’idea
CASTEGGIO. Scuole, come il liceo di Broni, edifici pubblici o castelli potrebbero diventare musei itneranti per riscoprire il fascino di opere dimenticate. L’appello viene lanciato da Luca Sforzini, responsabile dell’Archivio storico degli artisti pavesi.
«Mi rifaccio alla proposta dell’assessore alla cultura di Milano – spiega – che propone di usare il patrimonio nascosto della Pinacoteca di Brera, per esposizioni negli edifici pubblici in vista dell’Expo 2015. Anche i Musei civici di Pavia hanno opere che non sono esposte. L’idea: mostre itineranti di tesori nascosti in prospettiva Expo. Penso – aggiunge – a edifici di pregio dell’Oltrepo, come il castello di Voghera, la Certosa Cantù di casteggio, o i castelli dell’Alto Oltrepo. Un ulteriore spunto potrebbe essere di portare queste mostre nelle scuole, avvicinando l’arte alle giovani generazioni». (f.s.)
La Provincia pavese 11 agosto 2014 pag.14
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I consigli del gallerista Sforzini
da IL GIORNO 14.05.2012 – pag.4 LOMBARDIA
di GIAN MARCO WALCH
— MILANO —
STIME, valutazioni, inventari, assistenza alla compravendita. Perito ed esperto della Camera di Commercio di Pavia, Luca Sforzini vanta una conoscenza più che decennale del mercato dell’arte, difficile sino al limite dell’oscurità.
Luca Sforzini, per soldi o per amore? Rinunciare al caldo panorama delle Maldive per godersi nel salotto di casa le più discrete «Tenerezze» di Tranquillo Cremona è una scelta estetica? O un più prosaico investimento?
«Entrambe le motivazioni. Il mercato dell’arte non è mai stato così depresso. Io ho quarant’anni e non conosco risultati d’asta così bassi negli ultimi due, tre decenni. Prenda Sergio Dangelo, nel 1951 fondatore insieme con Baj della Pittura Nucleare: una sua opera, un bel 50 per 70 centimetri, di un periodo non particolarmente pregiato, a tecnica mista, oggi si può acquistare a un prezzo compreso fra i 1.000 e i 1.200 euro. E per i dipinti dell’Ottocento la musica è la stessa. Anche per i Lodola è il momento di comperare».
Una congiuntura favorevole solo per i collezionisti privati? O anche per gli enti pubblici?
«Per tutti. Anche per istituzioni con i bilanci a terra sarebbe il momento di rimpolpare le proprie collezioni. Oggi chi ha un ruolo pubblico e un minimo di liquidità può restituire alla fruizione pubblica opere altrimenti destinate a sparire in ambito privato».
Le crisi, a volte, aguzzano gli ingegni. Qualche scoperta particolare, in questi tempi difficili?
«Quattro tele di Sebastiano Ricci».
Il Veneto vissuto a cavallo del Settecento dal prodigioso mestiere, il virtuoso che sapeva contraffare ogni maniera?
«Proprio lui. Quattro tele difficili da trovare, monumentali, degne di prestigiosi musei. Valutate oggi un quarto di quanto meriterebbero».
Le mostre rivalutano le opere d’arte?
«Sì, se sono bene organizzate. Un conto è l’esposizione allestita dal gallerista: lui tira l’acqua al suo mulino. Altro discorso per le mostre organizzate dal Comune di Pavia o, a Milano, da Palazzo Reale: loro sì riportano l’attenzione su autori dimenticati, li rivalutano».
Proprio Pavia in questi ultimi anni è stata molto attenta a rivalutare i propri tesori.
«È vero, gran parte della mostra sulla pittura italiana nel XIX secolo che ha avuto tanto successo all’Ermitage di San Pietroburgo era costituita da opere della Quadreria pavese. La città ha registrato una svolta, indipendentemente dal colore politico di chi la governa».
Sforzini, lei ha il polso del collezionismo in città ma anche in provincia. Dove tira di più?
«In città, senza dubbio».
Ma le serate nella sua galleria di Casteggio vedono spesso il tutto esaurito.
«Eventi di nicchia. Per i grandi numeri, inevitabile la città».
E il concettuale? Tira ancora?
«Non se ne può più, roba vecchia. Vede, il contemporaneo è difficile: inutile buttare via soldi per un artista che all’estero, a Bruxelles, per esempio, non conosce nessuno».
Ma lei che preferisce Tranquillo Cremona alle Maldive, su quelle isole c’è stato?
«Certo, qualche anno fa, con quella che ora è mia moglie. Bellissime. Ci tornerei».
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Joseph Kaliher, un surrealista tra Lomellina e mondo hippy
Ha scelto di vivere a Vigevano il pittore texano che si ispira a Tim Burton e collabora con Paloma Picasso. I suoi ultimi quadri sono esposti a Casteggio
CASTEGGIO. Fine d’anno in stile simbolista-surrealista: il gallerista Luca Sforzini, che è attratto dall’arte d’Oltreoceano, dopo Michael Green stavolta sceglie l’americano Joseph Kaliher (classe 1970), «per il suo stile inconfondibile fiabesco, apparentemente allegro, densissimo di richiami simbolici e profonde riflessioni sull’animo umano; insomma, un vero e proprio maestro del Nuovo Simbolismo Surrealista».
Kaliher, che dopo il matrimonio con una ragazza vigevanese ha scelto di vivere nella città ducale, è in effetti un artista molto particolare: nato in una comunità di hippy americana, ha sempre viaggiato in tutto il mondo. I suoi lavori hanno ereditato i colori accesi tipici degli hippy e il loro messaggio favolistico e pacifista. Le sue opere mediano tra tecnica pittorica e illustrazione, e immergono il pubblico in un’atmosfera da sogno, vagamente alla Tim Burton. Colori accesi, pastello, ribaltamento delle prospettive, attenzione al mondo naturale e a quello dell’infanzia: Kaliher produce quadri che possono coinvolgere tanto il pubblico più attento all’arte quanto quello dei bambini. Per celebrare questa nuova alleanza, Sforzini ha organizzato una mostra (nella sede di via Porro 2) con il meglio della sua recente produzione. Joseph Kaliher nasce vicino a Ranger, in Texas, ma ha ben poco di americano, perché a due anni segue la madre che si trasferisce in Italia insieme al secondo marito, il duca Emanuele Canevaro di Zoagli. Cresce tra il Bel Paese e l’Inghilterra, terminando gli studi secondari a Leicester, nel collegio dei Padri Rosminiani. Riceve lezioni private nella tradizione d’arte classica dal maestro Maurizio Martelli dell’Accademia delle Belle Arti di Firenze, e si diploma quindi al rinomato Institut Superieur de Peinture Van Der Kelen et Longelain a Bruxelles, dove si specializza in pittura trompe l’oeil, faux bois et marble alla maniera fiamminga, sotto la tutela di Clemente Van Der Kelen. Apprezzato dal jet set internazionale (collabora, tra gli altri, con Paloma Picasso e con il famoso architetto Michele Bonan), Kaliher lavora anche con la televisione, e crea scenografie per alcuni importanti talk shows. Dopo l’11 Settembre, partecipa all’Art Expo di New York, e da quel momento nelle sue opere si accentua l’aspetto sociale, valore aggiunto determinante per la storicizzazione di un artista che non rifiuta il confronto con il quotidiano. I suoi lavori si trovano, tra le altre, nelle collezioni della Fondazione Enrico Coveri e al Museo di Arte contemporanea di Villa Demidoff a Firenze. Per informazioni tel. 331-4125138.
Chiara Argenteri
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IL GIORNO
SABATO 29 DICEMBRE 2012
Un archivio storico per gli artisti del Pavese
SARÀ UN CENTRO STUDI PER IL TERRITORIO
di STEFANO ZANETTE
— CASTEGGIO — PROVINCIALI i confini, non le ambizioni. Si è costituito, con sede nella galleria d’arte di Luca Sforzini a Casteggio, l’«Archivio storico artisti pavesi -Centro studi sull’arte pavese». Oltre al gallerista e perito d’arte, fanno parte del comitato scientifico-culturale l’archeologo medievalista Filippo Brandolini, il fotografo ed editore Matteo Campanini, lo storico dell’arte e docente universitario Mauro Di Vito e lo storico d’arte ed editore Edoardo Varini. «Gli scopi — spiega Sforzini — sono di raccogliere, catalogare e diffondere conoscenze, informazioni, documenti ed immagini relative ai pittori, scultori ed architetti operanti sul territorio della provincia di Pavia in ogni epoca, senza escludere gli artisti a cui Pavia, l’Oltrepo o la Lomellina han dato anche solo temporaneo rifugio ed ispirazione e le significative figure al di là dei confini amministrativi, la cui influenza li ha varcati». Per tutti gli artisti pavesi, dunque, il neonato Archivio storico e Centro studi si propone «di curarne lo studio, l’approfondimento, l’illustrazione e la divulgazione».
ULTERIORE ma non secondario obiettivo, anche quello di favorire sinergie sul territorio: «Promuovere — ha detto Sforzini -anche d’intesa con le amministrazioni pubbliche locali e regionali, con le Fondazioni, con l’Università degli studi e le scuole, con le biblioteche e gli archivi pubblici e privati, con gli organi d’informazione e i mass-media locali e nazionali, generalisti e specializzati, attività e iniziative volte a perseguire le finalità prepostesi: a titolo d’esempio conferenze, seminari, lezioni, mostre e visite guidate, pubblicazioni». Ultimo degli obiettivi: «collaborare con associazioni e istituzioni, pubbliche e private, aventi finalità analoghe, convergenti o complementari». Al momento l’elenco (definito in costante aggiornamento) degli ‘artisti pavesi doc’ conta ben 228 nomi, in ordine alfabetico da Ezechiele Acerbi (1850-1920) a Enzo Zanotti (1923-2004).
stefano.zanette@ilgiorno.net
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Beni rifugio, in mille li cercano alle aste
PAVIA – Investimenti alternativi oltre i Bot o insieme ai Bot, ci sono oltre mille i pavesi che li cercano in asta. E sono circa 900 quelli iscritti e registrati alla Meeting Art di Vercelli, la più grande casa d’aste italiana. Un boom di adesioni. L’arte come bene rifugio? «Certo . Sul fronte dei dipinti, il contemporaneo è cresciuto moltissimo di quotazione in questi ultimi dieci anni – spiega Pablo Carrara, amministratore delegato dell’azienda vercellese – E’ chiaro che si deve prestare attenzione alle tendenze del mercato. I dipinti dell’Ottocento e l’antiquariato, invece, hanno valori stabili che permettono perciò investimenti sicuri nel tempo».Pavesi in asta, aziende che operano nel settore. Come districarsi. Luca Sforzini, perito iscritto alla Camera di Commercio di Pavia e gallerista osserva: «L’arte contemporanea , è un ottimo investimento – dice – Cercare ciò che piace , ma facendosi consigliare. Starei attento agli emergenti americani , alla nuova generazione di graffitari eredi del grande Basquiat e penso a Tmnk o Cope2. Poi ci sono i grandi come Paul Jenkins E il sudamericano Niermann». Pavesi in arte su cui insistere o investire? «Bè, Marco Lodola è ormai un artista quotato e con un suo mercato forte – risponde Sforzini – Ma io punterei soprattutto sulle sue scatole luminose. E attenzione a un pavese d’origine in attesa di rivalutazione. Mattia Moreni. C’è poi un artista come Mario Raciti che ha avuto e ha forti legami con Pavia che non è certo dimenticato dal mercato ».